L’affollata sala del Consiglio comunale di La Maddalena durante la presentazione del secondo volume de “I Garibaldi dopo Garibaldi”

I GARIBALDI DOPO GARIBALDI. LA TERZA GENERAZIONE E LE SFIDE DEL NOVECENTO

Nella storica sala consiliare del Comune di La Maddalena gremita di pubblico il 5 settembre è stato presentato il secondo volume “I Garibaldi dopo Garibaldi La terza generazione e le sfide del Novecento”, dedicato a delineare le vicende umane dei nipoti di Giuseppe e Anita, figli di Ricciotti e Costanza”.
Dopo i saluti dell’Assessore alla Cultura del Comune di La Maddalena Gian Vincenzo Belli e del presidente della Federazione Sardegna-Liguria del nostro sodalizio Antonello Tedde, l’intervento di Annita Garibaldi Jallet ha illustrato nel suo complesso il progetto editoriale “I Garibaldi dopo Garibaldi”, giunto al secondo volume, dopo la pubblicazione nel 2008 di quello dedicato ai figli di Garibaldi, fra tradizione familiare e eredità politica. Se il primo aveva visto la luce tra due anniversari importanti – il bicentenario della nascita di Garibaldi e il 150° dell’Unità d’Italia – anche questo secondo è uscito in un’occasione altrettanto significativa, i 140 anni dalla morte dell’Eroe dei Due Mondi, offrendo un’importante occasione di riflessione sul concetto di “tradizione garibaldina”. Oggetto d’indagine non solo le diverse accezioni ad essa attribuite dagli stessi discendenti e l’influenza esercitata sulle loro parabole esistenziali, ma anche il persistere o meno della stessa, all’indomani di uno dei periodi più travagliati della storia.
Nel corso della presentazione – affidata a Raffaella Ponte, già Direttrice dell’Istituto Mazziniano di Genova nonché Consigliere nazionale dell’ANVRG – sono stati presi in esame i sei saggi di cui è composto il volume, curati da studiosi appartenenti a generazioni diverse (Eva Cecchinato, Giuseppe Monsagrati, Andrea Spicciarelli, Federico Goddi, Matteo Stefanori, Alberto Malfitano, Annita Garibaldi Jallet). I primi cinque contributi sono stati dedicati ai figli maschi di Ricciotti Garibaldi e Constance Hopcraft, – Peppino, Ricciotti jr., Menotti jr., Sante, Ezio – e l’ultimo alle donne della famiglia, a partire dalle figlie Rosa e Annita Italia. In essi sono state messe a frutto le approfondite e più recenti ricerche, condotte dagli autori sui documenti che costituiscono l’archivio privato di famiglia, e sulle carte di archivi istituzionali (ministeriali, di polizia, diplomatici), non solo italiani che, grazie allo scadere dei termini per la secretazione dei documenti in base alle diverse normativa nazionali, sono diventati consultabili solo di recente.
E proprio agli archivi e alla loro importanza per la ricerca storica è dedicata l’apertura del primo saggio affidato a Eva Cecchinato, con il ricordo del grande storico francese recentemente scomparso, Hubert Heyriès secondo il quale “il più grande segno di rispetto per la tradizione garibaldina sia traghettare le storie reali dei garibaldini dagli archivi ai lettori”.
Tra i meriti da ascrivere ai Curatori del libro (Annita Garibaldi Jallet, Alberto Malfitano, Zeffiro Ciuffoletti) quello di aver affrontato temi che al lettore potrebbero sembrare scomodi o meno eroici, o meno graditi a chi come Annita è diretta discendente, dando ampio spazio anche alla dimensione privata e familiare, quale chiave di lettura delle diverse scelte individuali, e inquadrando ciascun personaggio nel complesso panorama nazionale e internazionale in cui si era trovato ad agire, contraddistinto da profondi cambiamenti, tra irruzione della società di massa, sviluppo tecnologico e industrializzazione, imperialismo, nascita dei regimi autoritari e affermazione delle grandi ideologie.
L’arco temporale affrontato dagli studiosi prende avvio dalle vicende legate al 1897, identificato quale snodo centrale nel quale, forse per la prima volta, – come suggerito da Eva Cecchinato – si rese evidente un conflitto intorno alla tradizione garibaldina, contesa tra diverse culture politiche da un lato, e dall’altro rivendicata come prerogativa di una genealogia biologica. Ma “quale tradizione?” è la domanda posta da Giuseppe Monsagrati, dal momento che non sembra che l’Eroe/mito Garibaldi abbia mai assegnato espressamente ai figli il compito di tenere in vita la sua leggenda o di perpetuare tra i posteri il suo nome, facendo invece intravvedere l’esistenza di una grande famiglia garibaldina, accomunata dalle sue stesse passioni civili e dai suoi ideali. Fu il figlio Ricciotti ad assumere su di sé – senza alcuna contestazione da parte del fratello Menotti – il ruolo di erede e continuatore di una tradizione invocata da altri, pur dovendo adattarsi ai tempi, mantenendo una sorta di struttura militare nella quale accogliere di volta in volta volontari vecchi e nuovi, per combattere in favore di democrazia e indipendenza dei popoli.
La disamina dei profili tratteggiati in questo volume dedicato ai figli di Ricciotti, attentamente indagati alla luce degli avvenimenti che si sono andati dipanando nella prima e feroce metà del “secolo breve”, fornisce una risposta univoca alla domanda iniziale: dei fratelli Garibaldi solo Sante, insieme a quei “garibaldini” che hanno combattuto il nazifascismo prima in Spagna e poi in Italia e nei Balcani, hanno tenuto in vita il patrimonio ideale di libertà e giustizia della tradizione garibaldina risorgimentale, trasfondendolo nella nuova Italia, finalmente libera e repubblicana.
Quanto all’universo femminile dei Garibaldi della terza generazione, Annita Garibaldi Jallet, tratteggia storie “di ordinario eroismo” delle donne della famiglia, a partire dalle figlie Rosa e Annita Italia, che con la madre Costanza interpretarono il modello familiare imposto dal padre e marito Ricciotti, analizzato alla luce delle precarie condizioni economiche problematiche, che condizionarono stili e scelte di vita. Il saggio ricorda le attività in ambito sanitario; tra le rime la partecipazione con la Croce Rossa al fronte, sia nelle campagne garibaldine sia durante la grande guerra, sia veri e propri progetti – tra i quali un corpo di educatrici e infermiere volontarie presso ogni comune in tutta la penisola (pensato ma non realizzato), e i due ambulatori di Riofreddo e de La Maddalena.
E proprio con la storia di quest’ultimo si è chiusa questa prima presentazione del volume, avvenuta in un luogo simbolo quale l’arcipelago maddalenino, raccontata nell’interessante relazione curata da Piero Chirletti, Professore onorario del Dipartimento di Scienze Chirurgiche dell’Università di Roma “La Sapienza”, dedicato ad illustrare la storia dell’Ospedale “Giuseppe Garibaldi”. Eretto a La Maddalena nel 1907 grazie all’impegno e alla tenacia di Costance Hopcraft, che in occasione del centenario della nascita dell’Eroe volle dotare l’isola di un presidio sanitario dedicato ai poveri, in linea con quanto avveniva nel mondo anglosassone dal quale proveniva. Sorto grazie a raccolta fondi in nome di Garibaldi, nel 1909 fu eretto in Ente morale e dotato di uno statuto che, oltre a decretarne la laicità con un articolo specifico, rendeva lo stesso fruibile da malati non poveri, dietro pagamento di retta, nonché ai reduci delle Guerre di Libia e del primo conflitto mondiale, e ampliava le prestazioni in favore dei poveri anche all’ambito non strettamente sanitario, con attività di carattere sociale. Gradito alla popolazione, che contribuiva con offerte e donazioni, l’Ospedaletto come tuttora è chiamato dai residenti, fu attivo fino al 1941, anno della morte della fondatrice. Ritornato nella disponibilità del Comune negli anni Novanta che lo ha adibito a servizi sanitari di varia natura, fino a quando è stato possibile. Nel corrente anno il progetto di recupero promosso dalla Civica Amministrazione è stato inserito nel P.N.R.R.; ciò consentirà di dare nuova vita alla storica istituzione, rendendo merito all’instancabile lavoro di “donna Costanza”, che aveva reso concreto un desiderio espresso dallo stesso Garibaldi in punto di morte.

Raffaella Ponte